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René Caisse era capo infermiera in un ospedale e fra i malati della sua corsia notò una signora con un seno stranamente deformato. Incuriosita, le domandò cosa fosse accaduto.
La signora raccontò che vent’anni prima un uomo di medicina degli indiani Ojibwa, essendo venuto a conoscenza che era malata di cancro al seno, le aveva fatto bere per un lungo periodo un tè di erbe che l’aveva guarita. L’indiano aveva definito questa miscela di erbe e radici come “una bevanda benedetta che purifica il corpo e lo riporta in armonia con il Grande Spirito”.
René fece tesoro dell’informazione e prese nota della ricetta. Due anni dopo ebbe modo di sperimentarla su sua zia, malata terminale di cancro allo stomaco e al fegato.
La zia guarì. René capì di essere di fronte ad una scoperta fantastica e in collaborazione con il dottor Fisher, il medico della zia che aveva assistito al processo di guarigione, cominciò ad usare la bevanda su altri malati terminali di cancro. I successi si ripetevano.
In quei tempi, si pensava di aumentare l’efficacia di un rimedio se lo si fosse inoculato per via intramuscolare e così René cominciò ad iniettare la tisana, ma gli effetti collaterali erano troppo spiacevoli.
Negli anni a venire, dopo studi di laboratorio condotti su topi, fu individuata l’erba iniettabile e le altre venivano fatte bere in infuso.
I risultati positivi continuarono. Bisogna sottolineare il fatto che René mai richiese un compenso dai suoi pazienti, accettando solo le loro offerte spontanee. La voce si sparse ed altri otto dottori dell’Ontario cominciarono ad inviarle pazienti giudicati senza speranza.
Dopo i primi risultati i medici scrissero una petizione al Ministero della sanità Canadese chiedendo che si prendesse in seria considerazione la cura. L’unico risultato che ottennero fu l’invio di due commissari con il potere di arresto immediato nei confronti di René.
I due però rimasero colpiti dal fatto che nove dei migliori medici di Toronto collaborassero con la donna e invitarono René a sperimentare su topi il suo preparato. Ella tenne in vita per 52 giorni topi inoculati con il sarcoma di Rous.
Tutto tornò come prima, René continuò a somministrare la bevanda in un appartamento di Toronto. In seguito dovette spostarsi a Peterborough in Ontario, dove la raggiunse un ordine di arresto recato da un poliziotto. Ancora una volta ebbe fortuna perché il poliziotto, dopo aver letto le lettere che i suoi pazienti le avevano scritto in segno di riconoscenza, decise che era il caso di parlare della cosa al suo capo.
Dopo questo episodio René ebbe il permesso del Ministero canadese della sanità di continuare a lavorare solo su quei pazienti che recassero una diagnosi scritta di cancro redatta da un medico.
Nel 1932 uscì, su un giornale di Toronto, un articolo intitolato “Infermiera di Bracebridge fa un’importante scoperta per il cancro”. A questo articolo seguirono innumerevoli richieste di aiuto da parte di malati di cancro e la prima offerta commerciale.
L’offerta era davvero vantaggiosa ma le si richiedeva di svelare la formula in cambio di una somma considerevole e un vitalizio. René rifiutò categoricamente, e giustificò la sua decisione con il fatto che non voleva che si speculasse sul suo rimedio.
Nel 1933, il comune canadese di Bracebridge le mise a disposizione un albergo, sequestrato per ragioni di tasse, perché potesse farne una clinica per i suoi malati. Da allora e per i successivi otto anni, un cartello sulla porta avrebbe indicato “Clinica per la cura del cancro”.
Dal giorno dell’apertura, centinaia di persone erano convenute alla clinica e, alla presenza di un medico, si facevano fare l’iniezione e bevevano la tisana. La clinica diventò in breve una sorta di “Lourdes canadese”, se così la si può definire…
Nello stesso anno si ammalò la madre di René, cancro al fegato inoperabile, questa fu la diagnosi. René le somministrò la sua cura ed ella guarì, nonostante i medici le avessero predetto una sopravvivenza di pochi giorni.
Fu in questi anni che il dottor Banting, uno dei partecipanti alla scoperta dell’insulina, affermò che il tè aveva il potere di stimolare il pancreas fino a riportarlo alle sue normali funzioni, curando così i malati di diabete.
Il dottor Banting invitò ufficialmente la signora Caisse a fare esperimenti presso il suo istituto di ricerca, ma lei per paura di dover abbandonare i propri malati, rifiutò. Era il 1936.
Nel 1937 accadde un incidente. Una donna in fin di vita fu trasportata all’ospedale di René, sofferente per frequenti embolie, ma, subito dopo l’iniezione, morì. Fu un’occasione d’oro per i detrattori di René: le fu fatto un processo ed i risultati dell’autopsia dimostrarono che la donna era morta per un embolo. La pubblicità che il caso scatenò portò però ancora più malati in cerca di speranza all’ospedale di Bracebridge. Lo stesso anno furono raccolte ben 17 mila firme che invitavano il governo canadese a riconoscere il tè come farmaco per il cancro.
Una ditta farmaceutica americana offrì addirittura un milione di dollari (ed eravamo nel 1937!) per la formula, ottenendo però l’ennesimo rifiuto di René. Nel frattempo, un medico americano, il dottor Wolfer, offrì a René di effettuare esperimenti con la bevanda su trenta pazienti del suo ospedale.
René fece così la spola fra il Canada e gli Stati Uniti per molti mesi, ed i risultati che ella ottenne spinsero il dottor Wolfer ad offrirle uno spazio di ricerca permanente nei suoi laboratori. Ancora una volta, René rinunciò ad una vantaggiosa offerta che l’avrebbe però costretta ad abbandonare i suoi malati in Canada.
Di quel periodo abbiamo la testimonianza del dottor Benjamin Leslie Guyatt, responsabile del dipartimento di anatomia dell’Università di Toronto, che aveva ripetutamente visitato la clinica e che affermava: “Ho potuto constatare che nella maggior parte dei casi le deformazioni scomparivano, i pazienti denunciavano una forte diminuzione dei dolori. In casi serissimi di cancro ho visto interrompersi le emorragie più gravi. Ulcere aperte alle labbra ed al seno rispondevano alle cure. Ho visto scomparire cancri alla vescica, al retto, al collo dell’utero, allo stomaco. Posso testimoniare che la bevanda riporta la salute nel malato, distruggendo il tumore e restituendo la voglia di vivere e le funzioni normali degli organi.”
La dottoressa Emma Carlson era arrivata dalla California per visitare la clinica, e questa la sua testimonianza: “Ero venuta abbastanza scettica, ed ero risoluta a rimanere solo 24 ore. Sono rimasta 24 giorni ed ho potuto assistere a miglioramenti incredibili su malati terminali senza più speranza e malati diagnosticati terminali, guarire. Ho esaminato i risultati ottenuti su 400 pazienti.”
Nel 1938, un’altra petizione a favore di René raccolse 55.000 firme. Un politico canadese fece la sua campagna elettorale promettendo che avrebbe permesso che la signora Caisse potesse esercitare la professione medica senza laurea e “praticare la medicina e curare il cancro in tutte le sue forme e le relative indisposizioni e difficoltà che questa malattia comporta.”
La risposta della classe medica fu immediata, il nuovo ministro della sanità, il dottor Kirby istituì la “Royal Cancer Commission” il cui scopo era quello di appurare l’efficacia di discusse terapie per il cancro.
Una delle condizioni inderogabili perché una medicina potesse essere legalizzata come cura per il cancro era che la sua formula venisse consegnata a priori nelle mani della commissione. La pena per la mancata consegna era una multa per la prima volta, per pratica abusiva della professione medica, e l’arresto in caso di recidiva. René Caisse non aveva mai voluto svelare la formula e la commissione oltretutto non aveva obbligo di riservatezza riguardo alle formule presentate.
Le due proposte di legge, quella a favore di René e quella che istituiva la commissione per il cancro, furono discusse lo stesso giorno al Parlamento canadese. La legge Kirby fu approvata e quella pro-René respinta per soli tre voti. La clinica di René era in pericolo, i medici cominciarono a rifiutarsi di consegnare ai propri pazienti i certificati attestanti il cancro.
Una valanga di lettere di protesta raggiunsero il ministero della sanità, gli ex-malati curati da René e quelli che volevano farsi curare si ribellarono. Il Ministro ritenne saggio che la clinica continuasse ad esistere fino al momento in cui la signora Caisse si sarebbe presentata di fronte alla commissione per il cancro.
Nel marzo 1939 iniziarono le udienze della commissione per il cancro istituita dalla legge Kirby. René fu costretta ad affittare la sala da ballo di un Hotel di Toronto per accogliere i 387 ex-pazienti che avevano accettato di testimoniare in suo favore. Tutte queste persone si dichiaravano convinti che René li aveva guariti o che la bevanda aveva arrestato il cammino devastante del cancro.
Tutti erano stati definiti “senza speranza” dai loro medici prima di sottoporsi alle cure dell’ospedale di Bracebridge. Solo 49 dei 387 ex-malati furono ammessi a testimoniare. Medici illustri testimoniarono a favore di René. Molti casi furono stralciati perché le diagnosi furono giudicate sbagliate e vi furono anche dottori che firmarono dichiarazioni in cui riconoscevano l’errore. Alla fine, il rapporto della commissione fu che:
Insomma, la conclusione era che la bevanda non era una cura per il cancro e che se la signora Caisse non avesse svelato la formula, la legge Kirby sarebbe stata applicata e la clinica chiusa. René, sfidando la legge, tenne aperta la clinica ancora per tre anni in una situazione di semi-clandestinità.
Nel 1942, la clinica venne però chiusa e René era ormai sull’orlo di una crisi di nervi. Si trasferì a North Bay, dove rimase fino al 1948, anno in cui suo marito morì. Si presume che continuasse ad aiutare qualche malato che riusciva a raggiungerla, ma non nella misura che la clinica le aveva permesso
Nel 1959, l’importante rivista americana “True” pubblicò un articolo su René Caisse e il suo rimedio per il cancro. L’articolo era frutto di mesi e mesi di indagini, interviste e raccolta di materiale. L’articolo fu letto da un eminente medico americano, il dottor Charles Brush, titolare del “Brush Medical Center” di Cambridge.
Il dottor Brush, dopo averla incontrata, le propose di andare a lavorare presso il suo istituto. Quello che le chiedeva era di applicare la medicina su malati di cancro, testare la formula in laboratorio per eventuali modifiche e migliorie e, quando si fosse assolutamente sicuri dell’efficienza, fondare un’associazione il cui scopo sarebbe stato quello di diffonderla nel mondo intero ad un prezzo accessibile. Non le si chiedeva di svelare la formula ma di usarla su persone malate di cancro. Per René era il massimo dei suoi desideri e accettò. René aveva ormai settant’anni.
Ma, prima di continuare il racconto, cerchiamo di capire chi era il dottor Brush.
Il dottor Brush era ed è tuttora uno dei medici più rispettati degli Stati Uniti. È stato il medico personale del compianto presidente J.F. Kennedy e suo amico fidato. Il suo interesse per la medicina naturale ed i rimedi delle scuole di medicina asiatiche risale a molti anni prima il suo incontro con René. Il “Brush Medical Center” è uno degli ospedali più grandi degli Stati Uniti ed è stato il primo ad usare l’agopuntura come metodo di cura, il primo a dare importanza al fattore alimentare nella cura del paziente ed il primo istituto medico americano a istituire un programma di assistenza gratuita per malati indigenti.
René rimase a Bracebridge dal 1962 al 1978 continuando a rifornire il dottor Brush con la medicina di erbe, mentre lui la teneva informata dei progressi delle sue ricerche e dell’efficacia che riscontrava su altre malattie degenerative.
René, alla veneranda età di 89 anni tornò alla ribalta.
Nel 1977 il periodico “Homemakers” pubblicò la storia della bevanda e di René.
L’articolo ebbe l’effetto di una bomba sull’opinione pubblica canadese. Presto la sua casa fu assalita dalle persone che chiedevano la bevanda ed essa fu costretta a richiedere l’aiuto della polizia per poter uscire di casa.
Fra i molti che lessero l’articolo vi era anche David Fingard, un chimico in pensione titolare di una azienda farmaceutica, la “Resperin”. Fingard si domandò come fosse possibile che la formula di una sostanza così efficace avesse potuto rimanere nelle mani di una vecchietta per tutti questi anni. Decise quindi che lui si sarebbe impossessato della formula. Non si scoraggiò ai primi rifiuti e finalmente trovò la chiave per aprire il forziere nel cuore di René. Promise che avrebbe aperto cinque cliniche in Canada, aperte a tutti, poveri compresi, e che per queste aveva già trovato i finanziamenti da una grande azienda mineraria canadese.
Il 26 ottobre del 1977 René consegnò la formula della bevanda nelle mani del signor Fingard. Il dottor Brush era presente solo nella veste di testimone. Il contratto prevedeva, in caso di commercializzazione, un ricavo del 2% a favore di René.
Nei giorni seguenti la società farmaceutica “Resperin” chiese ed ottenne dal ministero per la salute ed il benessere canadese, pressato dall’opinione pubblica, il permesso di testare la bevanda in un programma pilota su malati terminali di cancro. Due ospedali e molte decine di medici avrebbero partecipato al programma di sperimentazione clinica, usando la bevanda fornita dalla Resperin che si impegnava a seguire tutte le norme sanitarie vigenti. L’opinione pubblica canadese era entusiasta.
René percepiva pochi dollari con i quali doveva anche fornire le erbe alla Resperin.
Ben presto i due ospedali dissero che desideravano cambiare gli accordi e che avrebbero abbinato alla bevanda le terapie tradizionali, come la chemioterapia e la radioterapia. Fu deciso di continuare il programma solo con i medici di base.
Nel frattempo René Caisse moriva. Eravamo nel 1978. Ai suoi funerali erano presenti centinaia di persone provenienti da ogni dove.
Nel 1984 entra in scena il personaggio che avrebbe dato una svolta alla nostra storia: Elaine Alexander, una giornalista radiofonica che aveva dato vita ad interessanti e seguitissimi programmi alla radio riguardanti le medicine naturali e approfondimenti sulla allora nuova malattia, l’AIDS.
Elaine telefono al dottor Brush, gli dimostrò che era informatissima sulla storia di René e della bevanda e gli chiese se fosse disposto a farsi intervistare nel corso di un programma che si sarebbe chiamato “Stayn’ Alive”. Il dottor Brush per la prima volta rilasciò una dichiarazione pubblica sulla medicina.
Questa la trascrizione dell’intervista:
Elaine:«Dottor Brush e vero che lei ha studiato gli effetti della bevanda su malati di cancro ricoverati presso la sua clinica?»
Brush: «E’ vero.»
E.:«I risultati che ha ottenuto si possono definire significativi o dei semplici “aneddoti”, come afferma qualche suo collega?»
B.:«Molto significativi.»
E.: «Ha riscontrato nella cura degli effetti collaterali?»
B.:«Nessuno.»
E.:«Dottor Brush la prego di arrivare al punto, lei afferma che la bevanda può aiutare le persone affette da cancro oppure che è una cura per il cancro?»
B.: «Posso affermare che è una cura per il cancro.»
E.:«Può ripeterlo per favore?»
B.: «Certo, con molto piacere, la bevanda è una cura per il cancro. Ho potuto constatare che può far regredire il cancro ad un punto tale che nessuna conoscenza medica attuale è in grado di raggiungere.»
Le parole del dottor Brush scatenarono una vera e propria ondata di telefonate, l’uscita della stazione radiofonica fu circondata dalle persone che non avevano potuto accedere alla linea telefonica. Elaine cominciava a capire quanto frustrante fosse non poter aiutare chi chiede aiuto. Nei due anni che seguirono Elaine mise in onda sette programmi di due ore ciascuno solo sulla bevanda. Il dottor Brush vi partecipò per quattro volte ancora, numerosi medici, paramedici ed ex-malati furono intervistati. Tutti confermarono quanto detto dal dottor Brush: “La bevanda è una cura per il cancro”.
Elaine era così pressata dalle richieste di aiuto che si adoperò perché alcuni dei malati fossero inseriti nel programma caritatevole del Governo. Ma la strada era tanto difficile e complicata che solo pochi vi potevano accedere. Elaine passò tre anni terribili pressata da migliaia di richieste di aiuto, e non poteva distribuire la tisana. Il programma del Governo era così lento nel concedere i permessi che spesso le persone morivano prima di potervi accedere. Finalmente le venne l’idea luminosa. Pensò: “Perché continuare a combattere con le istituzioni per far riconoscere la medicina come una “vera” cura per il cancro? Non era forse questo un semplice tè di erbe? Una tisana innocua ed atossica?”.
Bene, si sarebbe venduta come tale. Senza attribuirle nessun merito per la cura del cancro né per altre malattie. Sarebbe stata venduta nelle erboristerie, che in America e in Canada si chiamano “negozi della salute”. La voce si sarebbe presto diffusa tra i malati di cancro. Illustrò il suo progetto al dottor Brush che ne rimase entusiasta. Egli capì che questa era la chiave per rendere la tisana accessibile a tutti.
Decisero insieme di cercare la ditta giusta che potesse garantire un prezzo onesto, una meticolosa preparazione della formula, un controllo sulla qualità delle erbe utilizzate e la capacità di far fronte alle richieste enormi che sarebbero seguite di lì a qualche anno. Ci misero sei anni, scartando e selezionando decine di aziende.
Finalmente, nel 1992 la bevanda era in vendita prima in Canada, poi negli USA. Nel 1995, ha fatto la sua prima comparsa in Europa.
Elaine Alexander è morta nel maggio del 1996.
Formula Caisse Pura
È la formulazione più avanzata e moderna evoluta nel corso degli anni dagli indiani Ojibwa e sostituisce, potenziandola, la vecchia formula usata da René Caisse.
Formula Caisse Pura, è composta da sette erbe, le quattro della vecchia formula usata da René Caisse: radice di bardana, radice di rabarbaro, corteccia di olmo rosso (varietà autoctona canadese) e acetosella più le tre erbe la cui esatta percentuale da aggiungere è stata svelata da un uomo di medicina degli indiani Ojibwa: trifoglio, corteccia di frassino spinoso (varietà autoctona canadese) e piantaggine.
Uso orale
Formula Caisse Pura in capsule è la risposta alla tisana Caisse legata alle difficoltà che incontrano alcuni consumatori che si trovano in posti dove non sempre è reperibile dell’acqua bollente o che non hanno il tempo di aspettare 15 minuti.
Inoltre, capita spesso che alcune persone, già provate dalla nausea e dal vomito indotti dai farmaci oncologici chemioterapici, abbiano difficoltà ad ingerire la tisana calda che provoca loro sensazioni spiacevoli.
Le capsule permettono di continuare la terapia e possono sostituire una o più dosi di tisana giornaliere.
L’efficacia delle capsule rispetto a mezzo litro di tisana caisse può essere quantificata intorno al 90%-95%
La Formula Caisse Pura non dà problemi di sovradosaggio né controindicazioni, ed è un dispositivo medico CE.
SEDATIVO NATURALE AGISCE SUL SISTEMA NERVOSO, CALMANDO LA PERSONA
Formula Caisse Pura agisce in modo importante sul sistema nervoso, rasserenandolo e aiutando a ristabilire la sua normale funzionalità
Per questo, è indicata da assumere in tutti i casi di tensione, nervosismo, stress e ansia, come rimedio naturale riequilibrante.
ATTENUA O ELIMINA I DOLORI ANCHE NEI CASI PIÙ GRAVI
Le erbe presenti nella Formula Caisse Pura aiutano a lenire il dolore, attivando un immediato effetto sedativo, anche nei casi più gravi.
Per questo, il rimedio può essere assunto in tutti i casi di dolori forti, di qualsiasi natura, per sedarli in modo efficace e naturale.
AIUTA AD ARRESTARE LE EMORRAGIE, AGISCE COME RICOSTITUENTE DEL SANGUE
Formula Caisse Pura è un ottimo tonico del sangue. La sua azione è ricostituente, perché le erbe presenti hanno la capacità di agire sul sistema epatico migliorando la qualità e la quantità dei globuli rossi.
Questa azione si rivela particolarmente utile nel caso di emorragie, ferite e abrasioni, perché le erbe presenti attivano un’azione arrestante e aiutano a guarire prima e meglio.
AIUTA A PREVENIRE E CORREGGERE LA COSTIPAZIONE
Le erbe presenti nella Formula Caisse Pura lavorano attivamente per il benessere del tratto digerente, aiutando l’intestino a ritrovare la sua naturale regolarità.
Lenitiva ed emolliente, Formula Caisse Pura è ottima da impiegare in caso di costipazione e stipsi, per favorire l’evacuazione e il corretto transito intestinale.
AIUTA A RITROVARE IL SENSO DEL GUSTO
A causa del Covid o di altre problematiche, alcune persone possono avere perso il senso del gusto e Formula Caisse Pura rappresenta un valido aiuto naturale per ritrovarlo.
AIUTA LA DIGESTIONE
Le erbe presenti nella formula hanno una funzione tonica e digestiva, per questo è consigliato assumere Caisse Pura se la digestione risulta difficile o si avverte un senso di gonfiore e pesantezza.
Il rimedio è altresì utile per attivare un’azione drenante e sgonfiante degli arti, perché lavora sul sistema linfatico, aiutando anche a prevenire e trattare disturbi quali la cellulite e la pelle a buccia d’arancia.
EFFICACE IN CASO DI INSONNIA
Alcune delle erbe presenti nella formula hanno un effetto sedativo del sistema nervoso, per questo Caisse Pura è un ottimo rimedio per combattere l’insonnia.
In generale, il mix di erbe favorisce il rilassamento e attiva uno stato emozionale sereno, presupposti indispensabili per favorire un sonno rigenerante.
PROTEGGE IL CERVELLO DALLE TOSSINE
Formula Caisse Pura rappresenta un valido aiuto per il benessere del cervello, in quanto coadiuva le facoltà cerebrali e le potenzia, attivando un potente effetto detossificante.
Per questo, il mix di erbe è consigliato a chi ha poca concentrazione, fatica cerebrale e scarsa lucidità mentale, in quanto rinfresca il cervello, acuisce la concentrazione e migliora la capacità di risolvere i problemi.
CREA UN SENSO DI BENESSERE IN TUTTO L’ORGANISMO
Una delle caratteristiche più conosciute e amate della Formula Caisse Pura è la sua capacità di apportare un immediato senso di benessere diffuso.
Merito del mix di erbe con cui è preparata, che lavora sul sistema nervoso rasserenandolo e aiutando corpo e mente a ritrovare il normale equilibrio.
Nome Botanico: Arctium lappa, A. Minus. Nome comune: Bardana. Descrizione: pianta erbacea biennale che nel primo anno emette solo alcune foglie basali, cordate ovate a margine dentato, molli verdi e glabre nella pagina superiore. Il secondo anno produce un fusto fiorale eretto alto da 50 a 200 cm. I fiori sono di colore rosa violaceo. Gli acheni oblunghi e compressi, grigio brunastri con macchie nere e pappo a setole brevi. Fiorisce tra luglio e agosto. Tempo balsamico: si utilizzano le radici e talora anche le foglie. Le radici si raccolgono nell’autunno del primo anno vegetativo e nella primavera del secondo, prima dell’emissione dello scapo fiorale. Le foglie si raccolgono fra la primavera e l’estate del secondo anno, prima della comparsa dei fiori. Proprietà e indicazioni: la Bardana è conosciuta come un eccellente rinforzante del sistema immunitario. Un tonico per il fegato, per i reni e i polmoni.
È un purificatore del sangue con la capacità di neutralizzare le tossine e pulire il sistema linfatico. E’ provata la sua azione antibatterica e antimicotica come i suoi composti tumore-protettivi. Costituisce un ottimo rimedio utilizzabile sia internamente che esternamente per il trattamento delle più comuni affezioni cutanee. Ha note proprietà diuretiche, stimolanti delle funzioni epatobiliari. Utilizzata internamente esplica una discreta azione antidiabetica-ipoglicemizzante data dalla contemporanea presenza nella radice di Inulina (fino al 45%) e di vitamine del gruppo B che interagiscono nel metabolismo glucidico. In oriente è usata per le sue proprietà rinforzanti e nutritive.
In Cina è citata col nome di “Niu bang” come rimedio dal 502 dopo Cristo. Era usata dalle tribù indiane d’America Mimac e Menomonee per le malattie della pelle. La medicina Ayurvedica la conosce per la sua azione sul tessuto del sangue e del plasma ed è usata per le allergie della pelle, le febbri, e per i calcoli renali. Molti studi scientifici hanno dimostrato l’attività antitumorale della Bardana sugli animali. Il termine “fattore Bardana” fu coniato dagli scienziati della scuola di medicina Kawasaki, Okayama, Giappone. In studi di laboratorio fu scoperto che il “fattore Bardana” era attivo contro il virus HIV (il virus dell’AIDS). L’inulina contenuta nella Bardana ha il potere di stimolare la superficie dei globuli bianchi aiutandoli a lavorare meglio.
Nome botanico: Ulmus Fulva. Nome comune: Olmo Nordamericano o olmo rosso. Descrizione: il suo habitat è l’America del Nord, parte centrale e nord degli USA e est del Canada. Cresce in terreni sia umidi che secchi, lungo i fiumi o in cima alle colline più alte. Si distingue per la ruvidezza dei lunghi rami. Può raggiungere i diciotto metri di altezza. Le foglie verde scure o giallognole sono coperte da una peluria gialla e hanno la punta arancio. La corteccia è molto rugosa. Le proprietà curative sono contenute nelle fibre della parte interna della corteccia che viene usata fresca o secca per essere polverizzata.
Proprietà e indicazioni: la mucillagine della corteccia favorisce la decongestione delle articolazioni rendendola ottimo rimedio per l’artrosi. La corteccia di O.R. è anche indicata per tosse, faringiti, problemi neurologici, stomaco e intestino. Contiene inulina che aiuta il fegato, la milza e il pancreas. Aiuta la minzione, diminuisce i gonfiori e agisce come lassativo. La medicina cinese la catalogò nel 25 A.C. come ottimo rimedio per le ulcere, la diarrea e il meridiano del colon. Per l’Ayurveda è nutritiva, emulsionante ed espettorante. Indicata per debolezza, emorragie polmonari e ulcere. Ottimo tonico polmonare, si può usare con persone sofferenti di malattie polmonari croniche.
Nome botanico: Rumex acetosella. Nome comune: Acetosa o Erba brusca. Descrizione: pianta erbacea con radice fittonosa ben sviluppata e cauli robusti eretti, alti da 50 cm a un metro ramosi alla sommità con rami corti ed eretti. Foglie basiliari allungate che assomigliano a orecchie di cane di colore verde intenso che denota la grande concentrazione di clorofilla. Fiori in pannocchia densa, lunga e stretta. Tempo balsamico: si usa tutta la pianta prima che fiorisca al secondo anno di vita.
Proprietà ed indicazioni: l’erba quando è giovane e allo stato fresco agisce come diuretico e purificatore del sangue. L’erba aiuta il fegato, l’intestino, previene la distruzione dei globuli rossi ed è usata come antitumorale. La clorofilla contenuta nella pianta porta ossigeno alle cellule rinforzando le loro pareti, aiuta a rimuovere i depositi nei vasi sanguigni e aiuta il corpo ad assorbire più ossigeno. La clorofilla può anche ridurre i danni da radiazioni e riduce i danni ai cromosomi. Si usa per malattie infiammatorie, tumori, malattie del tratto urinario e dei reni. Per l’alto contenuto di vitamina C le foglie vengono usate per la cura di forme di avitaminosi, nell’anemia e nella clorosi.
Nome botanico: Rheum Palmatum. Nome comune: Rabarbaro cinese o rabarbaro indiano. Descrizione: Si utilizza la radice delle piante più vecchie private del periderma. Descrizione: Assomiglia alla varietà da giardino (rheum rhaponticum) ma è molto più forte nella sua azione terapeutica. Si riconosce per la sua radice conica, carnosa con una polpa gialla. Le foglie hanno sette punte e la forma di cuore. E’ coltivato in Cina e Tibet a scopo decorativo e medicinale. Proprietà e indicazioni: il rabarbaro è conosciuto in oriente da migliaia di anni. Il suo nome cinese è “Da Hung” e quello ayurvedico è “Amla Vetasa” con azione sul tessuto del plasma, del sangue e del grasso. Viene usato principalmente per la sua azione lassativa e astringente e come forte purgante.
In dosi minori si usa contro la diarrea e per stimolare l’appetito. In dosi maggiori come purgante. L’erba stimola il colon, promuove il flusso della bile, elimina le stasi riequilibrando le funzioni dello stomaco e del fegato. E’ usato come tonico: per lo stomaco, per aiutare la digestione, come purificatore del fegato, come antitumorale, per l’ittero e per l’ulcera. De Sylva nota che l’acido crisofanico contenuto nella pianta è responsabile della rimozione della sostanza viscida e mucosa che circonda i tumori, permettendo ai costituenti delle altre erbe di avere accesso alla massa. Avvertenze: è controindicato durante la gravidanza.
Nome botanico: Trifolium pratensis. Nome comune: Trifoglio pratense. Descrizione: pianta erbacea perenne, con radice a fittone e cauli cespugliosi eretti o ascendenti (10-90 cm). Foglie alterne trifogliate. Fiori raccolti in capolini sferici e ovati, sessili o brevemente peduncolati, circondati dalle foglie. Frutto a legume opercolato, incluso nel calice persistente. Fiorisce da maggio a settembre. Proprietà: agisce su sangue e plasma e sul sistema linfatico, sanguigno e respiratorio. Ha azione diuretica, espettorante antispasmodica. E’ usato per tosse, bronchiti infezioni e tumori. E’ un purificatore del sangue. In India è usato per favorire la latteazione delle puerpere ed è un tonico uterino (favorisce il ristabilirsi dell’utero dopo il parto). De Sylva nota che la sostanza contenuta ne trifoglio chiamata Genisteina ha l’abilità di inibire la crescita dei tumori e che questa sostanza provvedeva all’effetto anticancro della formula Hoxsey usata circa cinquant’anni fa per la cura del cancro.
Nome Botanico: Plantago Major. Nome comune: Piantaggine. Descrizione: pianta erbacea perenne, a caule con rizoma corto dal quale dipartono numerose radici sottili. Foglie basali ampie disposte a rosetta. Infiorescenza a spiga cilindrica lineare, densa (8-18 cm) su scapi fiorali nudi. Il frutto è una pisside ovale-oblunga contenente numerosi semi neri angolosi. Tempo balsamico: si utilizzano le foglie e i semi; le foglie si raccolgono ben sviluppate da giugno ad agosto, i semi da luglio a settembre, recidendo le spighe quando assumono colorazione brunastra. Azione: agisce sul sistema tiroideo e paratiroideo coinvolgendo in una dinamica di informazioni moderatrici la circolazione linfatica e quella sanguigna, il sistema osseo (regolando l’equilibrio calcio fosforo), il sistema muscolare in generale, gli organi genitali e l’eccitabilità nervosa. Esternamente ha proprietà emostatiche, batteriostatiche, astringenti e antioftalmiche. Internamente ha proprietà astringenti, emollienti, decongestionanti, antiflogistiche, antisettiche, depurative, diuretiche (blande), ematopoietiche (ricostituenti del sangue), emocoagulanti e regolatrici dei flussi. De Sylva fa notare che si tratta dell’erba che le manguste in India usano quando vengono morse dal cobra. In America la varietà dalle foglie lunghe è chiamata “maestra del serpente a sonagli” e veniva infatti usata per neutralizzare il veleno dei serpenti a sonagli.
Nome botanico: Xantoxilum fraxineum. Nome comune: Frassino spinoso. Descrizione: il frassino spinoso è un piccolo albero che cresce nella campagna nordamericana. Ha foglie pinnate e rami alternati che sono coperti da spine dure e affilate, spesso le spine sono presenti anche sulla corteccia e sulle foglie. Appartiene alla famiglia delle Rutacee. Tutte le piante di questa famiglia hanno qualità aromatiche e pungenti. Le bacche sono raccolte in grappoli sulla sommità dei rami. Sono nere o blu scuro e racchiuse da una noce grigia. Le foglie e le bacche hanno un odore aromatico simile all’olio di limone. Si utilizzano la corteccia e le bacche. Proprietà e indicazioni: chiamato “Tumburu” dagli indiani nella medicina Ayurvedica e “Hua Jiao” dai cinesi. Ha azione stimolante, carminativa, alterativa, antisettica, antielmintica e analgesica. E’ indicato per digestione debole, dolori addominali, raffreddore cronico, lombaggine, reumatismi cronici, affezioni cutanee, vermi, infezioni da microorganismi e artrite. E’ un potente disintossicante e purificatore del sangue. De Sylva aggiunge: “…ha una storia nella cura della tubercolosi, colera e sifilide. Recenti ricerche hanno identificato una classe di sostanze conosciute come Furano-coumarins. Mentre le ricerche continuano, si riscontra una sua forte azione sul cancro. E questo mi chiarisce l’insistenza dell’uomo medicina incontrato sull’isola di Manitoulin perché lo inserissi nella Formula Caisse.
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